sabato 8 novembre 2014

Io ci sono

Io ci sono. Lo dico con orgoglio e insieme con timore perché lasciarsi “giudicare” non è semplice, il timore di una sconfitta, di non essere votati, di non venire eletti, inutile negarlo, spaventa e brucia. Non importa, io ci sono, alle corsa per il rinnovo delle cariche dell'Alg, Associazione lombarda giornalisti e della Fnsi, Federazione nazionale della stampa italiana, io ci sono.
Perché non ci si può sempre lamentare di ciò che non funziona e poi non metterci la faccia per provare a cambiare o correggere quello che non va. Perché ritengo – forse con supponenza – di aver maturato sensibilità verso le problematiche del lavoro della nostra categoria, che, nonostante tutto resta la professione più bella del mondo. Perché penso che occorrano persone entusiaste e che hanno l'ambizione, la passione e la volontà di cancellare le discrepanze, le ingiustizie, i paradossi del nostro sindacato. Io questo entusiasmo, questa passione, questa volontà reputo di averli. E insieme ritengo di aver acquisito pure una parte di esperienza, trattando ai tavoli della mia Azienda, confrontandomi con colleghi per i quali siamo riusciti a ottenere un contratto dovuto e pure con coloro ai quali invece questo diritto non è stato riconosciuto, sperimentando quotidianamente il significato di stato di crisi, contratto di solidarietà, cassa integrazione, disoccupazione, licenziamenti, precariato.
Vorrei innanzitutto che i giornalisti siano considerati giornalisti e basta, non importa se assunti a tempo indeterminato, determinato, con contratti co.co.co, co.co.pro, di collaborazione, con partita Iva, con la funzione di redattore, da corrispondente... perché giornalisti lo siamo tutti noi che viviamo di giornalismo e per il giornalismo, allo stesso modo, con pari dignità. E in nome di tutto questo tutti meritiamo di essere tutelati, difesi, considerati. Vorrei pure che il sindacato dei giornalisti sia il sindacato di tutti i giornalisti, specie di chi ha bisogno, offrendo consulenza legale gratuita ove serva, costituendosi parte in causa nelle aule della giustizia dove è necessario. Vorrei allo stesso modo che il Circolo della stampa sia la casa dei giornalisti, soprattutto di chi non ha un luogo dove scrivere, lavorare, telefonare, collegarsi a internet, inviare fax, preparare un servizio, non un luogo di un club esclusivo. Vorrei poi che il sindacato torni ad essere sindacato, che tuteli i giornalisti innanzitutto e che non si sostituisca agli editori: non significa conflitto, significa distinzione dei ruoli, perché ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, non quelle di altri. E vorrei tanto altro ancora: un compenso equo, come prevede la Costituzione, pari opportunità non solo di genere, premio del merito, dialogo e confronto con i componenti degli altri organismi di categoria, come l'Ordine dei giornalisti...
Cambiare non solo si può, cambiare si deve.
Ringrazio quindi chi mi ha nuovamente offerto un'opportunità.
Io ci sono. E comunque vada lo considererò un successo. Perché almeno ci tento, mi metto in gioco, insieme ad altri che come me reputano che il “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”, ma pure che il lavoro oltre a un diritto sia un dovere e chi  il lavoro lo ha ha anche il dovere di adoperarsi per chi purtroppo no.
Io ci sono. E voi ci state con me, anzi ci state con noi?

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