Io ci sono. Lo dico con orgoglio e
insieme con timore perché lasciarsi “giudicare” non è semplice,
il timore di una sconfitta, di non essere votati, di non venire
eletti, inutile negarlo, spaventa e brucia. Non importa, io ci sono,
alle corsa per il rinnovo delle cariche dell'Alg, Associazione
lombarda giornalisti e della Fnsi, Federazione nazionale della stampa
italiana, io ci sono.
Perché non ci si può sempre lamentare
di ciò che non funziona e poi non metterci la faccia per provare a
cambiare o correggere quello che non va. Perché ritengo – forse
con supponenza – di aver maturato sensibilità verso le
problematiche del lavoro della nostra categoria, che, nonostante
tutto resta la professione più bella del mondo. Perché penso che
occorrano persone entusiaste e che hanno l'ambizione, la passione e
la volontà di cancellare le discrepanze, le ingiustizie, i paradossi
del nostro sindacato. Io questo entusiasmo, questa passione, questa
volontà reputo di averli. E insieme ritengo di aver acquisito pure
una parte di esperienza, trattando ai tavoli della mia Azienda,
confrontandomi con colleghi per i quali siamo riusciti a ottenere un
contratto dovuto e pure con coloro ai quali invece questo diritto non
è stato riconosciuto, sperimentando quotidianamente il significato
di stato di crisi, contratto di solidarietà, cassa integrazione,
disoccupazione, licenziamenti, precariato.
Vorrei innanzitutto che i giornalisti
siano considerati giornalisti e basta, non importa se assunti a tempo
indeterminato, determinato, con contratti co.co.co, co.co.pro, di
collaborazione, con partita Iva, con la funzione di redattore, da
corrispondente... perché giornalisti lo siamo tutti noi che viviamo
di giornalismo e per il giornalismo, allo stesso modo, con pari
dignità. E in nome di tutto questo tutti meritiamo di essere
tutelati, difesi, considerati. Vorrei pure che il sindacato dei
giornalisti sia il sindacato di tutti i giornalisti, specie di chi ha
bisogno, offrendo consulenza legale gratuita ove serva, costituendosi
parte in causa nelle aule della giustizia dove è necessario. Vorrei
allo stesso modo che il Circolo della stampa sia la casa dei
giornalisti, soprattutto di chi non ha un luogo dove scrivere,
lavorare, telefonare, collegarsi a internet, inviare fax, preparare
un servizio, non un luogo di un club esclusivo. Vorrei poi che il
sindacato torni ad essere sindacato, che tuteli i giornalisti
innanzitutto e che non si sostituisca agli editori: non significa
conflitto, significa distinzione dei ruoli, perché ognuno deve
assumersi le proprie responsabilità, non quelle di altri. E vorrei
tanto altro ancora: un compenso equo, come prevede la Costituzione,
pari opportunità non solo di genere, premio del merito, dialogo e
confronto con i componenti degli altri organismi di categoria, come
l'Ordine dei giornalisti...
Cambiare non solo si può, cambiare si
deve.
Ringrazio quindi chi mi ha nuovamente
offerto un'opportunità.
Io ci sono. E comunque vada lo
considererò un successo. Perché almeno ci tento, mi metto in gioco,
insieme ad altri che come me reputano che il “il lavoratore ha
diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità
del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla
famiglia un'esistenza libera e dignitosa”, ma pure che il lavoro
oltre a un diritto sia un dovere e chi il lavoro lo ha ha anche
il dovere di adoperarsi per chi purtroppo no.
Io ci sono. E voi ci state con me, anzi ci state con
noi?
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