martedì 30 settembre 2014

I "sommersi" e i "salvati"

I sommersi e i salvati. O la lotteria del posto di lavoro, come la ruota della fortuna. Dovrei essere contento oggi, tre colleghi, dopo anni e anni di contratti a termine, precariato, anzi sfruttamento in cambio di illusioni, sono stati finalmente assunti definitivamente, per quanto abbia senso parlare di "definitivo" o posto fisso di questi tempi. Dovrei essere contento. Dovrei. Ma non lo sono.
Altri due colleghi, stessi anni di contratti a termine, precariato, anzi sfruttamento in cambio di illusioni, l'assunzione non l'hanno ottenuta. I ladri di sogni hanno colpito ancora. I motivi della scelta, della discriminazione, non li conosco, temo non ne esistano. Meritano tutti il posto. Anzi, hanno tutti diritto in egual misura al posto. Così non è. Non ancora, quando succederà, se succederà, sarà comunque troppo tardi.
Esuberi, esodi, costi, così li chiamano, non risorse, non professionalità. Non persone. Spremuti come limoni sino allo stremo, di notte, la domenica, durante l'estate, con compensi da fame, meno che da generazione mille euro. E poi presi a calci in culo.
Dovrei essere contento e lo sono per i "salvati". Dovrei essere contento. Dovrei. Ma non lo sono. Per chi è ancora "sommerso", sprofondato nell'umiliazione di un diritto al posto di lavoro e di un diritto del lavoro negati. Senza che chi avrebbe dovuto "salvare" anche loro, anzi avrebbe dovuto pretendere e ottenere di "salvare" anche loro, me compreso come loro fiduciario e componente del CdR, abbia potuto nulla, o sia stato in grado di ottenere nulla di piu', in un misto di senso di impotenza e di incapacità.
Non cambia nulla, le parole accrescono solo beffa alla beffa, ma mi sento pure io "sommerso". La lotteria l'ho persa anche io, il gioco era truccato, il banco vince sempre, eppure mi ero illuso che una volta tanto le regole sarebbero state rispettate e cioè che è peggio, imperdonabile, ho illuso anche i colleghi.

lunedì 29 settembre 2014

La sconfitta del sindacato, la sconfitta dei giornalisti

“Nelle giornate di venerdi 26 e sabato 27 settembre nella sede dell’Alg in Viale Monte Santo si sono svolte le elezioni per il referendum sul contratto FNSI-FIEG. Su 9382 aventi diritto al voto hanno votato 35 colleghi. Il verbale della Commissione Elettorale e le schede votate sono state trasmesse alla Federazione della Stampa”. Recita così un laconico comunicato stampa pubblicato sul sito dell'Associazione Lombarda Giornalisti circa il referendum dell'ultimo fine settimana sul nuovo contratto nazionale del lavoro giornalistico. Di conoscere il risultato non è dato. Si tratta comunque di una sconfitta. Per tutti. Per il sindacato. Per i giornalisti. Hanno vinto invece lo sconforto e la mancanza di partecipazione, la mia compresa, ho preferito quattro giorni al mare. Credo che sia giunto il tempo che in questo periodo difficile tutti si rimbocchino le maniche, specialmente coloro che, come me, sono tutelati per garantire le stesse tutele a chi non lo è. Bisogna tornare a fare sindacato, bisogna tornare a interessarsi del sindacato, bisogna tornare a metterci la faccia e sporcarsi le mani.
Iscrivendosi al sindacato innanzitutto. E poi candidandosi in massa e pretendere che chi verrà eletto renda conto di quanto fa, spieghi le ragioni delle scelte – magari sbagliate ma magari anche inevitabili, forse addirittura giuste, non lo so -. E lo faccia redazione per redazione, ufficio di corrispondenza per ufficio per corrispondenza, provincia per provincia, tramite Facebook, Twetter, i blog, siti dedicati, newsletter, incontri a cui probabilmente si presenteranno in quattro gatti, ma si deve per forza ricominciare a parlare e confrontarsi, faccia a faccia, collega per collega.
Chi ha un contratto, uno stipendio garantito, dei diritti assicurati ha l'obbligo morale di dedicare parte del proprio tempo e delle sue energie anche a questo, per ascoltare, per comprendere, per lasciarsi commuovere dalla condizione di un esercito di colleghi obbligati a sopportare condizioni che rasentano lo schiavismo e il ricatto, perchè di colleghi si tratta, di persone con pari dignità, non di figli di un dio minore solo perchè hanno avuto la “sfortuna” di nascere dopo, di non conoscere nessuno, di non avere mentori.
E chi ha fallito, chi ci ha portato a percentuali di partecipazione a dir poco imbarazzanti, deve farsi da parte, accettare ruoli di secondo piano, limitarsi a consigliare, guidare, trasmettere l'esperienza importante maturata. Non perchè non ha fatto bene, non perchè ha fatto male, non ho le competenze per giudicare, ma perchè non ha comunicato, non ha coinvolto, non ha condiviso. Perchè ha allontanato i giornalisti dal sindacato, che invece deve essere la casa di tutti, specialmente di chi un tetto - rappresentanto da certezze contributive e retributive, da prospettive di lavoro, dal sogno di futuro - non lo ha.
Dobbiamo riprenderci il fututo che ci è stato rubato anche per colpa nostra, perché abbiamo permesso che il futuro ce lo rubassero.