La mia ultima busta paga nel “totale
compenso netto a pagare” riporta la stratosferica cifra 1.287 euro
che comprendono due domeniche di turno, 72 articoli scritti per
l'edizione cartacea, una foto fornita sempre l'edizione cartacea e 55
pezzi confezionati appositamente per i portali internet insieme ad
altre 5 foto, che, da soli per il web intendo – mi hanno fruttato
la bellezza di 76,5 euro.
Compiendo qualche operazione, decurtate
le domeniche e il bonus di 80 euro concesso dal beneamato Premier,
ogni articolo – una media di 5 o 6 al giorno sempre sottraendo le
domeniche di “riposo” più alcuni giorni di ferie goduti e un paio di
trasferte a Bologna per motivi sindacali - e ogni fotografia mi sono stati
pagati complessivamente 7,8 euro. Se in realtà si detraggono le
foto, per le quali mi vengono riconosciuti 2,5 euro a scatto, per lo
scrivere, che poi è il mio lavoro, ho incassato 7,96 euro puliti a
pezzo.
Certo, in diversi casi si è trattato di riprendere comunicati stampa o agenzie, una sorta di guadagno facile insomma, non lo nego, ma in molti
altri casi, la maggior parte, quei 9 euro scarsi hanno richiesto nella migliore delle ipotesi
contatti con fonti "coltivate" in anni di relazioni e di fiducia
per diventare tali, chilometri e chilometri in auto o a piedi,
telefonate su telefonate, nottate fuori casa con la tuta indossata in
fretta e furia sopra il pigiama, ore su scene di incidenti o
disastri, sottola pioggia o il sole battente, tempo a scartabellare documenti amministrativi o atti
giudiziari di centinaia di pagine magari su argomenti complessi come
mafia e tangenti, lunghe e pazienti attese, pranzi e cene interrotte
dagli eventi, rischio di querele, persino insulti o aggressioni, interviste non semplici da
sintetizzare, discussioni con politicanti arroganti, serate davanti al pc o con le cuffie del cellulare
infilate nelle orecchie invece che sul divano o accanto al letto dei
figli per augurare sogni d'oro, momenti familiari irrimediabilmente
perduti per sempre perché la cronaca quando arriva arriva come il Natale e non aspetta, senza naturalmente dimenticare i momenti
trascorsi alla tastiera raramente per buttare giù poche righe al volo più spesso per almeno provare quanto meno a fornire allo scritto un senso compiuto, logico e chiaro di vicende complesse.
Mi sono anche dilettato a conteggiare
la tariffa oraria, certamente poco significativa in una professione
come la mia e con un contratto che non prevede vincoli di presenza ma
molto più frequentemente nemmeno garanzie di “pause” comandate perché
si resta perennemente in balia di quello che accade e ad aspettare
quello che può succedere. Ebbene, sommariamente per la vita –
perchè di questo si parla, di esistenza dedicata a una mansione, mia
e di riflesso di mia moglie e dei mie bimbi – trascorsa in servizio
ho incassato 5 euro all'ora: sia bene inteso però, il risultato è
in eccesso, perché verosimilmente si attesta più vicino ai 4,5.
E non è finita qui.
Purtroppo. Il mese prossimo la conta sarà ancora più desolante,
perché sempre per contratto io dovrei garantire 100 articoli al mese
per l'edizione cartacea e quindi mi verrà decurtato il pagamento dei
30 - 28 per la precisione - che sono mancati all'appello. I numeri pertanto si abbasseranno ulteriormente.
Penso che si tratti di risultati non
molto in linea con l'articolo 36 della costituzione che recita che
“il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del suo lavoro”.
Tralasciando i sofismi sulla poco
comprensibile distinzione tra le tariffe “cartacee” e quelle
“online”, dato che un articolo è sempre un articolo, o sulla
formula contrattuale da addetti alla catena di montaggio in nome
della produttività, in tutto ciò forse i denigratori dei
giornalisti potrebbero trovare magari qualche risposta circa i
legittimi dubbi della scarsa qualità dell'informazione e della
libertà di informazione in Italia. Anche perché, nonostante tutto,
io sono comunque tra i fortunati, tra i privilegiati, tra i “salvati”
rispetto ai “sommersi” perché un contratto ce l'ho, il posto
fisso pure, 8 euro ad articolo nel mio settore sono considerati
tanti, addirittura troppi, il mio editore in confronto ad altri paga
meglio e paga puntuale come un orologio svizzero. Quindi non voglio “lamentarmi”, voglio solo riflettere, sarebbe irriverente e irrispettoso dei tanti colleghi collaboratori, co.co.co, co.co.pro, partite Iva più meritevoli e capaci di me con cui ho a che fare quotidianamente che tuttavia il mio stipendio da tutelato se lo sogneranno per sempre.
Quello che è chiaro è che i conti no,
non tornano proprio. Dignità, equità, riconoscimento della
professione sono inversamente proporzionali all'attività
giornalistica, un'equazione impossibile da risolvere. Ma di tutto ciò
in questi anni, da chi avrebbe dovuto rappresentarci a livello
nazionale, non ne ho sentito parlare. Ecco, forse è il caso che si
discuta anche di questo, perché altrimenti si cadrà di nuovo nella
trappola di discutere solo di come facilitare licenziamenti,
prepensionamenti, esodi, ridimensionamenti, riduzione dei costi
invece che di come permettere a chi ha un lavoro di continuare a
tenerselo il lavoro e magari con questo lavoro di provare a camparci
pure.
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