mercoledì 12 novembre 2014

I conti non tornano: 4,5 euro all'ora

La mia ultima busta paga nel “totale compenso netto a pagare” riporta la stratosferica cifra 1.287 euro che comprendono due domeniche di turno, 72 articoli scritti per l'edizione cartacea, una foto fornita sempre l'edizione cartacea e 55 pezzi confezionati appositamente per i portali internet insieme ad altre 5 foto, che, da soli per il web intendo – mi hanno fruttato la bellezza di 76,5 euro.
Compiendo qualche operazione, decurtate le domeniche e il bonus di 80 euro concesso dal beneamato Premier, ogni articolo – una media di 5 o 6 al giorno sempre sottraendo le domeniche di “riposo” più alcuni giorni di ferie goduti e un paio di trasferte a Bologna per motivi sindacali - e ogni fotografia mi sono stati pagati complessivamente 7,8 euro. Se in realtà si detraggono le foto, per le quali mi vengono riconosciuti 2,5 euro a scatto, per lo scrivere, che poi è il mio lavoro, ho incassato 7,96 euro puliti a pezzo.
Certo, in diversi casi si è trattato di riprendere comunicati stampa o agenzie, una sorta di guadagno facile insomma, non lo nego, ma in molti altri casi, la maggior parte, quei 9 euro scarsi hanno richiesto nella migliore delle ipotesi contatti con fonti "coltivate" in anni di relazioni e di fiducia per diventare tali, chilometri e chilometri in auto o a piedi, telefonate su telefonate, nottate fuori casa con la tuta indossata in fretta e furia sopra il pigiama, ore su scene di incidenti o disastri, sottola pioggia o il sole battente, tempo a scartabellare documenti amministrativi o atti giudiziari di centinaia di pagine magari su argomenti complessi come mafia e tangenti, lunghe e pazienti attese, pranzi e cene interrotte dagli eventi, rischio di querele, persino insulti o aggressioni, interviste non semplici da sintetizzare, discussioni con politicanti arroganti, serate davanti al pc o con le cuffie del cellulare infilate nelle orecchie invece che sul divano o accanto al letto dei figli per augurare sogni d'oro, momenti familiari irrimediabilmente perduti per sempre perché la cronaca quando arriva arriva come il Natale e non aspetta, senza naturalmente dimenticare i momenti trascorsi alla tastiera raramente per buttare giù poche righe al volo più spesso per almeno provare quanto meno a fornire allo scritto un senso compiuto, logico e chiaro di vicende complesse.
Mi sono anche dilettato a conteggiare la tariffa oraria, certamente poco significativa in una professione come la mia e con un contratto che non prevede vincoli di presenza ma molto più frequentemente nemmeno garanzie di “pause” comandate perché si resta perennemente in balia di quello che accade e ad aspettare quello che può succedere. Ebbene, sommariamente per la vita – perchè di questo si parla, di esistenza dedicata a una mansione, mia e di riflesso di mia moglie e dei mie bimbi – trascorsa in servizio ho incassato 5 euro all'ora: sia bene inteso però, il risultato è in eccesso, perché verosimilmente si attesta più vicino ai 4,5.
E non è finita qui. Purtroppo. Il mese prossimo la conta sarà ancora più desolante, perché sempre per contratto io dovrei garantire 100 articoli al mese per l'edizione cartacea e quindi mi verrà decurtato il pagamento dei 30 - 28 per la precisione - che sono mancati all'appello. I numeri pertanto si abbasseranno ulteriormente.
Penso che si tratti di risultati non molto in linea con l'articolo 36 della costituzione che recita che “il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”.
Tralasciando i sofismi sulla poco comprensibile distinzione tra le tariffe “cartacee” e quelle “online”, dato che un articolo è sempre un articolo, o sulla formula contrattuale da addetti alla catena di montaggio in nome della produttività, in tutto ciò forse i denigratori dei giornalisti potrebbero trovare magari qualche risposta circa i legittimi dubbi della scarsa qualità dell'informazione e della libertà di informazione in Italia. Anche perché, nonostante tutto, io sono comunque tra i fortunati, tra i privilegiati, tra i “salvati” rispetto ai “sommersi” perché un contratto ce l'ho, il posto fisso pure, 8 euro ad articolo nel mio settore sono considerati tanti, addirittura troppi, il mio editore in confronto ad altri paga meglio e paga puntuale come un orologio svizzero. Quindi non voglio “lamentarmi”, voglio solo riflettere, sarebbe irriverente e irrispettoso dei tanti colleghi collaboratori, co.co.co, co.co.pro, partite Iva più meritevoli e capaci di me con cui ho a che fare quotidianamente che tuttavia il mio stipendio da tutelato se lo sogneranno per sempre.
Quello che è chiaro è che i conti no, non tornano proprio. Dignità, equità, riconoscimento della professione sono inversamente proporzionali all'attività giornalistica, un'equazione impossibile da risolvere. Ma di tutto ciò in questi anni, da chi avrebbe dovuto rappresentarci a livello nazionale, non ne ho sentito parlare. Ecco, forse è il caso che si discuta anche di questo, perché altrimenti si cadrà di nuovo nella trappola di discutere solo di come facilitare licenziamenti, prepensionamenti, esodi, ridimensionamenti, riduzione dei costi invece che di come permettere a chi ha un lavoro di continuare a tenerselo il lavoro e magari con questo lavoro di provare a camparci pure.

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