Insomma l’equo compenso, successivamente definito reddito
minimo garantito (3mila euro all’anno reddito minimo garantito?!?), si dovrebbe
chiamare piuttosto disequo scompenso, come lo scompenso cardiaco che ha
provocato in quanti veramente ci hanno creduto .
Fortunatamente quello che non hanno capito i nostri
sindacalisti lo ha capito il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo
Iacopino che ha presentato ricorso ai giudici del Tribunale amministrativo
regionale. Ebbene oggi, mercoledì 8 ottobre, a poche ore dal termine dellaGiornata del lavoro dignitosi, i togati hanno riaggiornato la trattazione della
questione tra tre mesi, pochi dati i tempi biblici della giustizia italica.
Evidentemente si sono fatti l’idea che sussistono elementi per spicciarsi.
Due aspetti però mi inquietano. Il “dopo” innanzitutto, nel
senso che non vorrei che l’equo compenso finisca nel dimenticatoio e nessuno ci
metta più mano. In ogni modo meglio nessuna legge che una cattiva legge.
Inoltre ho qualche perplessità sulla frattura tra esponenti della Fnsi e dell’Odg,
sancita dal ricorso presentato da questi ultimi. In un momento storico come
questo in cui tutti noi giornalisti siamo criticati, vituperati, minacciati
(magari anche per colpa di qualche collega che scredita l’intera categoria) un
poco più di unità non guasterebbe, non per corporativismo, ma per respingere
con più fermezza gli attacchi di chi pensa che l’articolo 21 della nostra
Costituzione sia da rottamare.
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