mercoledì 8 ottobre 2014

Il disequo scompenso alla sbarra, la corte si aggiorna

I magistrati del Tar del Lazio hanno fissato per gennaio l’udienza sulla faccenda dell’equo compenso, che di equo e di compenso mi pare abbia proprio nulla. Se infatti la proposta era nata con lo scopo di garantire delle tariffe giuste ai giornalisti precari, con tutto quello che ciò implica sulla libertà di informazione, democrazia e tutti questi bei principi, il documento approvato poi dai capidelegazione del sindacato nazionale e degli editori  non assicura niente di tutto ciò, né prezzi adeguati al lavoro che si svolge né i precari, perché contiene tante e tali formule che alla fine consentono ai proprietari dei mezzi di informazione di pagare ancora meno. Mi riferisco ad esempio alle clausole che escludono le partite Iva, oppure che prevedono tariffe decrescenti in base alle numero dei pezzi scritti, o alla forfetizzazione… con il risultato che coloro che dovevano essere maggiormente salvaguardati non lo saranno e che chi in qualche misura lo era non lo sarà più. Chiunque svolga questo mestiere e conosce come girano le cose nelle redazioni se ne sarebbe accorto, non quelli della Fnsi, che evidentemente – come dimostrato dal referendum sul nuovo contratto nazionale – ormai hanno perso ogni contatto (ma anche il contratto!!!) con chi dovrebbero rappresentare .
Insomma l’equo compenso, successivamente definito reddito minimo garantito (3mila euro all’anno reddito minimo garantito?!?), si dovrebbe chiamare piuttosto disequo scompenso, come lo scompenso cardiaco che ha provocato in quanti veramente ci hanno creduto .
Fortunatamente quello che non hanno capito i nostri sindacalisti lo ha capito il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino che ha presentato ricorso ai giudici del Tribunale amministrativo regionale. Ebbene oggi, mercoledì 8 ottobre, a poche ore dal termine dellaGiornata del lavoro dignitosi, i togati hanno riaggiornato la trattazione della questione tra tre mesi, pochi dati i tempi biblici della giustizia italica. Evidentemente si sono fatti l’idea che sussistono elementi per spicciarsi.
Due aspetti però mi inquietano. Il “dopo” innanzitutto, nel senso che non vorrei che l’equo compenso finisca nel dimenticatoio e nessuno ci metta più mano. In ogni modo meglio nessuna legge che una cattiva legge. Inoltre ho qualche perplessità sulla frattura tra esponenti della Fnsi e dell’Odg, sancita dal ricorso presentato da questi ultimi. In un momento storico come questo in cui tutti noi giornalisti siamo criticati, vituperati, minacciati (magari anche per colpa di qualche collega che scredita l’intera categoria) un poco più di unità non guasterebbe, non per corporativismo, ma per respingere con più fermezza gli attacchi di chi pensa che l’articolo 21 della nostra Costituzione sia da rottamare.

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