Non riesco a togliermi dagli occhi le
immagini di quel terrorista che fredda a terra il poliziotto inerme
(a proposito, era proprio necessario mostrarle, qualcuno ha
considerato il dolore e l'angoscia che certamente hanno provocato in
familiari, amici, colleghi?) e a non pensare a quello che è accaduto
al direttore, agli artisti, ai giornalisti e ai collaboratori di
Charlie Hebdo. Credo che la redazione sia un luogo sacro per quello
che rappresenta, come una chiesa, un tempio, per gli ospiti e per chi
ne appartiene. Non ci ho dormito la notte e non ci dormirò le
prossime, come è giusto che sia, perché non si può, non si deve
rimanere immuni a simili accadimenti.
In queste ore sento continuamente usare
e abusare delle espressioni “libertà di informazione”, “diritto
di cronaca”, “libertà di stampa”... Eppure solo ora, che
dodici persone sono state ammazzate, si riflette su quello che
significano e sulla loro importanza. Ma tutti i giorni, ovunque,
anche in Italia, la libertà di informazione e di stampa viene
minata.
Succede quando un giornalista viene
sottopagato e sfruttato, lasciandolo abbandonato e inerme. Succede
quando un sindaco di un paese non permette di accedere agli atti
pubblici o addirittura – come è capitato a me - vieta a un
giornalista di entrare in municipio. Succede quando un direttore
impone o bandisce un articolo a un giornalista . Succede quando un
ufficiale dei carabinieri o delle altre forze dell'ordine – come ho
sperimentato più volte personalmente – telefona a un giornalista
per vietare la pubblicazione di una notizia. Succede quando a un
giornalista gli editori impongono di patteggiare una condanna in un
processo per diffamazione perché costa meno che dimostrarne
l'innocenza e la correttezza dell'operato in giudizio. Succede quando
un magistrato convoca in procura in maniera pretestuosa come persona
informata sui fatti solo per “punirlo” di aver scritto di
un'indagine in corso – anche questo mi è toccato parecchie volte
-. Succede quando un giornalista è pagato a cottimo. Succede quando
un giornalista si scaglia contro un altro giornalista, pone in
difficoltà in collega semplicemente perché gli “tira buchi”...
E succede quando non si comprano più i
giornali, ritenendo che l'informazione debba essere gratuita, non
solo per chi la legge ma anche per chi ci lavora.
Quotidianamente i giornalisti vengono
non uccisi, ma certamente umiliati, mortificati, dai politici anche
locali, dai potenti di turno, dai lettori, dai loro stessi colleghi, da chi
dovrebbe rappresentarli e invece non li rappresenta e non li tutela.
In fondo è proprio vero, tanti
giornalisti sono – siamo – Charlie Hebdo. Tutti i giorni, non
solo quando si arriva all'estremo di morire trucidati.
E allora ogni tanto ricordiamoci di
comperare un giornale, almeno qualche giorno a settimane, perché
significa sostenere concretamente la libertà di stampa, la libertà
di informazione, il diritto di critica e il dovere di cronaca e
quanti hanno reso questi valori non solo una professione ma una
ragione di vita, purtroppo in alcuni casi anche di morte.
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